San Severo, città ricca di storia
San Severo fu fondata dall’eroe greco Diomede col nome di Castrum Drionis, ovvero Casteldrione; la leggenda racconta che Diomede avrebbe edificato un tempio dedicato a Calcante, e un tempio dedicato a Podalirio. Casteldrione pare che fosse una città pagana ma solo fino al 536, quando San Lorenzo Maiorano, vescovo di Siponto, cambiò il nome dell’abitato in Severo, e la affidò a un governatore convertito al Cristianesimo.
Origini nell’antica Daunia
San Severo è situata nell’antica Daunia, nel suo territorio sono state trovate tracce di vari insediamenti neolitici; la città ebbe anche importanza nel medioevo e nell’epoca di dominio bizantino; nota e di rilevo è la storia legata al monastero di Cassino e al monachesimo benedettino, al culto del Norico Severino al quale sulla Via Francigena chiamata “Via Sacra Langobardorum” venne edificata una piccola chiesa dedicata al santo, nelle sue vicinanze nel XI secolo, si formò l’odierna città, che all’epoca era chiamata Castellum Sancti Severini che tradotto significa Borgo fortificato di San Severino.
La Charta Libertatis
Il Castellum, retto dagli abati benedettini del monastero di San Pietro di Terra Maggiore, nel 1116 aveva raggiunto grande sviluppo, in base a questo l’abate-feudatario Adenulfo dettò e impose la celebre Charta Libertatis, uno statuto rurale di notevole interesse storico, al quale gli abitanti del borgo dovevano sottostare, ma con grande vantaggio, poiché la carta tutelava i cittadini con giustizia. L’editto fissava, in modo chiaro le relazioni tra i vassalli e i monaci che avevano concessi loro i terreni. L’editto stabiliva: il pagamento delle imposte in proporzione ai beni posseduti, la libertà di andarsene e alienare i propri beni a chiunque; l’esenzione dal dazio sul mercato per la vendita di grano, vino o altra merce, sanciva il diritto di proprietà e il divieto della carcerazione preventiva, oltre alla tutela in caso di eventuali abusi da parte dei funzionari dell’abate.
Importante centro di commerci
La città divenne ben presto molto importante grazie al commercio, nel suo centro trovarono sede mercanti veneti, fiorentini, saraceni ed ebrei, questi però vennero espulsi per un decreto del vice re nel 1541, la città prese ancora più lustro e nomina dopo che Federico II di Svevia fece costruire la sua elegante residenza, la Domus Bellumvidere; in seguito la città insorse per malcontento, l’imperatore quindi per punizione fece abbattere le mura nel maggio 1230; l’imperatore morì nel 1250 nelle vicinanze di San Severo, e precisamente a Castel Fiorentino, un piccolo borgo i cui resti sono ancora visitabili e situati nell’agro di Torremaggiore. Il destino della città passo di mano infatti nel 1295 Bonifacio VIII cedette San Severo ai cavalieri templari.
Tumulti e sommosse
San severo conobbe più di una mano reggente, infatti le cronache che ci riportano il corso della storia: nel 1312, dopo che l’ordine dei Templari fu soppresso, la città, venne fortificata nuovamente, ma con una cinta muraria più ampia e più alta, questa nuova fortificazione potente e l’intera città fu donata da Roberto d’Angiò alla moglie Sancia, che in seguito e cioè nel 1317 la diede in concessione al conte Pietro Pipino, signore di Vico. Ma il conte non riuscì mai a prendere possesso pienamente del nuovo feudo a causa della resistenza armata dei cittadini, che deposero le armi solo quando alla concessione del re di riscatto della città mediante il pagamento di 6500 once d’oro.
San Severo città regia
Nel novembre del 1340, fu dichiarata Città regia per sempre, un privilegio prima concesso da re Roberto e poi confermata con decreto di Giovanna d’Angiò del 9 febbraio 1344. La città divenne residenza stabile della regina Giovanna che vi soggiornò per lungo tempo; ma anche di altri monarchi, alcuni napoletani, tra i quali gli aragonesi Alfonso I e Lucrezia d’Alagno, la sua favorita, che si rifugiò a San Severo anche dopo la morte del re, fino a che non fu costretta a recarsi in Dalmazia; dopo di loro toccò a Ferrante I; quest’ultimo, nel 1491, concesse a San Severo lo statuto municipale, noto anche col nome di statuto ferrantino.
Moneta propria
Nel XV secolo, San Severo si fregiò anche di moneta propria, un tornese su cui furono impressi un castello, una croce e le parole Santus Sever de Capitanata. La zecca, fu fondata dal signore di Campobasso Nicola II di Monforte per finanziare eserciti; San Severo era una città con mura angioine, di forma ovoidale, e circondata da un ampio fossato e intervallate da torri comprendevano sette porte, ubicate a distanza regolare, in corrispondenza di altrettante grandi porte urbiche, tutte dotate di torrioni e con ponte levatoio. Porte poste a seconda delle località da cui si giungeva seguendo le strade che da esse partivano, ovvero da particolari luoghi di culto o pubblici che si trovavano in loro prossimità.
I fasti, le guerre e e le vicende del feudo
La città visse secolo dopo secolo le vicende legate alle guerre, ai fasti e all’evoluzione, passando da un feudatario ad un altro fino ad arrivare ad un nuovo e pessimo capitolo della sua storia grazie al cattivo rapporto dei cittadini con feudatari, che addirittura sconvolsero i sudditi con atti spregiudicati e tirannici, con preciso riferimento alle violenze di Paolo e Antonio de Sangro, che vennero denunciati alla corte imperiale nel 1723. La città visse comunque periodi altalenanti tra quiete e sommosse, nel ‘500 rifiorì con ottima ripresa del commercio e delle attività culturali, per poi essere di nuovo preda di guerriglie e saccheggi.
Gli eventi importanti in epoca moderna
Giovanni Paolo II ha visitato la città il 25 maggio 1987. Nel 1996, il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro ha confermato con decreto ufficiale per San Severo il titolo di città, storicamente acquisito nel 1580, al momento dell’istituzione della diocesi sanseverese. Nel 1999 sono stati presentati alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica, due disegni di legge per l’istituzione della provincia di San Severo, comprendente 22 comuni del Tavoliere settentrionale, del Gargano e del Sub-appennino Dauno.